lunedì 10 dicembre 2012

ExperiMental

Dalla Russia con amore

Qualsiasi cosa festeggiate, in qualunque lingua vi esprimiate, tanti auguri di Buone Feste!

venerdì 19 ottobre 2012

Una gita in campagna

ViaVai in bianco e nero - foto di Paolo Gomets

Il mulino - località Stalis

Venivo da laggiù, in fondo in fondo...

Placide acque

Avviso ai lettori / Notice to the readers

Poiché noto con interesse una discreta eterogeneità nel mio pubblico, almeno per la vostra provenienza/nazionalità, vorrei farvi sapere che i commenti (purché pertinenti ai post) sono graditi qualsiasi lingua desideriate usare. Io sono chiaramente italiana e scrivo questo blog in italiano, ma alcuni miei post sono perloppiù incentrati su fotografie o disegni. Questo significa che anche un non italianofono potrebbe lasciare un commento (potrebbe farlo in ogni caso, ma è vero che alcuni post non sono fruibili in altre lingue e quindi sarebbe più complicato). Pertanto, vorrei che vi sentiste liberi di scrivermi commenti anche in inglese, o in tedesco, o in francese, che sono le altre lingue che conosco. Sarà mia cura rispondervi in ogni caso.
Grazie per l'attenzione!

I noted with interest a discrete heterogeneity in my public, at least to your origin / nationality. That's why I would like you to know that every comment (if relevants to the post) is welcome, no matter if not in my mother tongue. Of course, I am Italian and I write this blog in Italian, but some of my posts are for the most part focused on photographs or drawings. This means that even a non Italian could leave a comment (you may do it anyway, but it is true that some posts are not available in other languages, and so it would be more complicated). Therefore, I wish you feel free to write comments in English, or German, or French, which are the other languages ​​I know. I'll take care to respond in every case.

Thanks for your attention!

venerdì 12 ottobre 2012

Il Canto della schiera di Igor

Per chi non lo sapesse, la storia della letteratura russa è davvero una fonte di piacevoli sorprese. Una di queste è il Canto della schiera di Igor (Igor è Igor Sviatoslavič n.d.A.), di autore anonimo, il cui manoscritto venne composto in epoca medievale e conservato per secoli in un monastero. Alla fine del XVIII secolo venne acquistato da un ignaro da Aleksej Musin-Puškin (parente del più celebre poeta) che ebbe cura di trascriverlo. Il manoscritto originale andò perduto nell'incendio di Mosca, all'epoca dell'invasione napoleonica, tanto che per lungo tempo gli studiosi furono incerti sulla sua autenticità; pensavano infatti che fosse un caso analogo ai Canti di Ossian, un celebre falso letterario. Ebbene, dopo lunghi studi effettuati sulle trascrizioni, si è giunti infine a considerarlo un manoscritto autentico. 
La trama narra delle gesta del principe Igor, figlio di Sviatoslav, e della sua schiera militare, che guidò in battaglia contro i propri nemici, rimanendo sconfitto.
Di particolare nota è il canto della moglie di Igor, Jaroslavna, che in pieno periodo di evangelizzazione del territorio russo, ancora si rivolge alle forze della natura per il proprio consorte, affinché possa tornare salvo dalla prigionia (cosa che accade).
Visto che mi piacciono questi risvolti pagani, ho provato a immaginare la scena e a metterla su carta. Non ho la presunzione di esserci riuscita, ma sono abbastanza soddisfatta.

Jaroslavna invoca le forze della natura - matita

Jaroslavna - versione a colori

Nuvole antropomorfe - particolare


Nuvole antropomorfe (parte 2)


martedì 2 ottobre 2012

Visione di Chimera

Chimera
Non posso dirmi artista, perché non è che facendo uno o due schizzi ognitanto uno è automaticamente artista, ma visto che mi piace, allora perché non pubblicarlo? 
Il soggetto è una mia personale rivisitazione della Chimera, il famoso mostro mitologico, progenie di Tifone ed Echidna. In alcune versioni è un essere composto da diversi animali in un unico corpo: una testa di leone, un corpo di capra e una coda di serpente (o drago). In altre, era un leone con una testa di capra sulla schiena e la coda di serpente. Io mi sono rifatta alla prima versione, nonostante le proporzioni siano probabilmente errate e le zampe caprine (posteriori) siano poco identificabili. Però, nel suo complesso non è poi tanto male...

martedì 21 agosto 2012

Passaggi a Nord Ovest

Isola di Bergeggi - Savona

Spotorno - Savona

La fortezza del Priamar (interno) - Savona

Murena - Acquario di Genova

Lamantino a pranzo...

Stelle di mare

Pesci tropicali - parte 1

Pesci tropicali - parte 2

Ramarro assetato

Camaleonte

Anemone

Anemone

Colibrì

Danza subacquea - parte 1

Danza subacquea - parte 2

Medusa dispettosa (impossibile fotografarla intera!)

Dispettosa...

Meduse luminescenti

Un po' imbronciato...













A voi le mie foto della vacanza in Liguria! :) credo che si commentino da sole.

venerdì 29 giugno 2012

Ironia portaci via!


Considerando che la striscia si commenta da sé (bellissima!), non mi resta altro da dire che Mr. Wiggles appartiene a Neil Swaab e se in questo momento si trova a campeggiare sul mio blog, è solo per rendergli i dovuti omaggi. Ci mancherai!

giovedì 28 giugno 2012

Fotografie

Il soffione più grande mai visto

They are in love

Un po' Van Gogh - 1

Un po' Van Gogh - 2

Chicchi

Appearence of poppies

A matter of distinction

A matter of distinction - 2

Sopra di noi sta la bocca di Ade



Aggiungo queste mie foto per postare, una volta tanto, qualcosa che non suoni come polemico o velenoso. Vista l'esistenza di una sezione "Foto del momento", perché non ampliarla temporaneamente con qualche scatto in più?

Ricordate che le foto pubblicate su questo blog sono MIE, questo significa che qualora voleste utilizzarle, dovete chiedere il permesso A ME. Non sono una gelosa delle cose che mette in rete, ma visto che si tratta di frutto del mio ingegno, gradirei che non venissero attribuite ad altri. Grazie!

P.s. Lan Awn Shee - mia amica personale e blogger particolarmente acuta - ha infine trovato nuova dimora dopo l'esodo da Splinder. Trovate il link al suo blog anche nella sezione "Altri lidi", qui a destra. Buon divertimento!

lunedì 25 giugno 2012

Punti di vista

Molto probabilmente quasi nessuno si è premurato di osservare la rosa dei nuovi ministri che compongono il governo francese da quando Hollande è stato eletto Presidente. Del resto, ne abbiamo già abbastanza di notizie spiacevoli dal nostro governo Monti (e da quello precedente, e dai nostri parlamentari...), perché torturarsi constatando quanto più dignitosi siano quelli scelti altrove. E' anche vero che io l'autolesionismo ce l'ho per vocazione, quindi quando l'occhio mi è caduto sulla banalità di certi commenti su Fleur Pellerin(*) e la sua mise audace, invece di indignarmi, ho semplicemente - e amaramente - constatato che quello che più mi balzava all'occhio non era la sua minigonna fiorita, bensì l'aria giovane e competente. Niente occhio scialbo, niente espressioni vacue, niente volgarità nel portamento. Semplicemente una donna (una donna!!) giovane, di aspetto abbastanza distinto. Dico "abbastanza" perché non penso che la distinzione sia un fatto di mero gusto nel vestire, quanto piuttosto un tratto di carattere e quindi, non giudicabile da uno scatto fotografico. 
Allora mi sono incuriosita e ho voluto dare uno sguardo non solo a lei e al suo excursus, ma un po' a tutti i suoi colleghi. Mi sono resa conto di cose molto ovvie. Una di queste è che in Francia le pari opportunità non sono un modo come un altro per prendere in giro le donne e sottoporle all'umiliazione di dover essere (ancora!) salvaguardate. Secondariamente, molti ministri francesi sono giovani. Giovani veramente, non solo all'anagrafe. Sono giovani le loro idee ed è questo - suppongo - uno dei motivi per cui occupano il ruolo di ministro. Sono persone esperte, non hanno al loro attivo calendari Pirelli, né lauree raffazzonate con i punti del Dixan. Non saltano fuori da un cappello a cilindro come conigli, né hanno problemi a far di conto.
Sono sicura che qualche difetto lo hanno pure loro, ma nel complesso si leggono cose positive. Se non altro, non indossano fularini di Hermès e non chiedono la testa del "capo" di qualche istituzione, con l'aria di chi ha subito un oltraggio e con lo stesso piglio di una persona in preda ad un attacco di isteria.


(*) Fleur Pellerin è l'attuale ministro francese delle Piccole-medie Imprese e dell'Innovazione. Per ogni ulteriore informazione, consultate wikipedia, oppure il suo sito personale, se avete l'autorizzazione.

lunedì 7 maggio 2012

The Avengers

Da una decina di giorni, o forse più, è comparso sugli schermi italiani il film "The Avengers", al momento l'ultimo capitolo sulle saghe dei supereroi americani. Io l'ho visto, pur non essendo esattamente una fan dei fumetti targati Usa. Forse è proprio per questo che considero opinioni come la mia un po' più attendibili di molte altre. Ora, voi direte che sono un po' autoreferenziale e magari è vero, ma ditemi: vi fidereste dell'opinione di un pidocchioso - quanto pagatissimo - critico cinematografico che parla sciorinando una sequenza interminabile di vocaboli alla stregua dei più astrusi tecnicismi pseudo-medici? O di uno che accosta parole come "Encomio solenne" ad un regista che nel suo cv può vantare serie televisive come "Buffy - l'ammazzavampiri"? Voglio dire: stiamo parlando di un film sui supereroi, non di "Schindler's List". Per quanto mi sforzi e per quanto abbia apprezzato i vendicatori, oserei dire che l'accostamento di parole è piuttosto fuoriluogo. Altrettanto lo è l'opinione di chi giudica la pellicola come un tripudio del kitsch. E' un film che non ha nulla a che vedere con la realtà vera e propria (a meno di non voler leggere "La fisica dei supereroi" di J. Kakalios), ma proprio per questo non si può criticarlo in quest'ottica. I suoi protagonisti hanno poco - o niente - di umano e per rendere questa loro diversità è piuttosto evidente che si debba enfatizzare alcuni aspetti, come per esempio i loro superpoteri. O come il loro modo di combattere i nemici (che per ovvie ragioni non sono solo agguerritissimi, ma anche spesso extraterrestri). Se tutto ciò è ascrivibile al kitsch, allora tanto varrebbe vedere una puntata de "La signora in giallo", al solo scopo di non vedere qualcosa di opulento.
Insomma, quello che vorrei sottolineare è che se si vuole fare una critica ad un film, lo si dovrebbe considerare soprattutto per ciò che è. Così, se andremo a vedere un film con pretese storiche, allora lo giudicheremo anche per la sua aderenza ai fatti cui si rifà (oltre che alla resa nel suo complesso).
Parlando di "The Avengers" io l'ho trovato piuttosto divertente. All'inizio ero scettica sulla sua durata, ma al termine dello spettacolo mi sono resa conto che il tempo era davvero volato.
Non entrerò nella trama, sia perché rischierei di rivelare troppo, sia perché non conosco bene la storia originale. Parlerò dei personaggi. A tale proposito, spendo volentieri due parole su chi ha studiato il personaggio di Iron Man: una gran bella resa! A tratti irritante, in altri momenti davvero esilarante, devo dire che ho trovato il personaggio assai ben caratterizzato, se consideriamo che Tony Stark è sempre stato rappresentato come un tipo ambiguo e rotto ai sotterfugi. In più, il tempismo delle sue battute dona un buon ritmo alla narrazione e - incredibile! - fanno ridere anche se tradotte in italiano.
Il mio preferito però resta Thor, il valoroso dio-guerriero asgardiano. E' il classico eroe, nel senso più canonico dei termine. Anche lui, come quasi tutti gli altri del gruppo, ha avuto il tempo di farsi conoscere al vasto pubblico nel film omonimo dello scorso anno. A differenza di Iron Man però, da fanfarone figlio di papà (è nientemeno che il figlio di Odino), diventa un personaggio molto più onorevole. In una parola, più puro e forse per questo, più pirla. Ma lui è un dio che viene da un altro mondo e questo aiuta a spiegare molte cose.
A metà strada tra Iron Man e Thor si inserisce Capitan America, che pur essendo un essere umano, ha tutte le caratteristiche psicologiche di Thor. E' un puro, un eroe nobile, quindi non capisce e soprattutto non condivide le azioni di Tony Stark, anche se poi riesce a conviverci.
Di minor nota - almeno per me - sono Hulk, Vedova Nera e Occhio di Falco. Stranamente ancora meno degno di nota è Loki, il cattivo dell'episodio in questione. Peccato, perché nel film su Thor (dove appare per la prima volta) è molto più succoso.
In buona sostanza, direi che per coloro che amano i film di questo genere, il film vale il biglietto. Lo stesso vale per coloro che desiderano semplicemente vedere qualcosa di poco impegnativo a livello intellettuale, ma di grande impatto visivo (anche senza il 3d). Sconsigliato a tutto coloro che al cinema ci vanno solo per vedere film impegnati, commedie romantiche o Scarlett Johansonn (ché mostra assai poco di sé e quasi passa inosservata).

giovedì 5 gennaio 2012

Fanculo, mi hanno rubato il sogno!


Dal mio vecchio blog: 
Breve racconto fine a se stesso, nato da alcune discussioni ascoltate qua e là e dal fatto che questa notte davvero ho sognato qualcosa che ancora non riesco a ricordare.
A volte i sogni sembrano reali. Succede: un ambiente familiare, volti già visti, situazioni già vissute; capita che il sogno riproduca più o meno verosimilmente la realtà. Spesso sono quei messaggi che il nostro inconscio ci invia quando dormiamo ad essere più realistici. Non dico che possano davvero trasformarsi in realtà, ma le sensazioni che si provano in quei momenti, quelle sì che sono "reali". Figuratevi quindi cosa succede quando sogni del genere scompaiono dalla vostra mente al momento del risveglio, lasciando solo la stomachevole sensazione di ricordare qualcosa, senza però afferrarla, quella cosa. E' come il prurito dietro alle orecchie dei cani, o sullo zoccolo posteriore della zampa di una giraffa. Una cosa che fa impazzire, perché per quanto ci si possa arabattare, quel punto preciso non si riuscirà mai a raggiungerlo. Comunque, lo ammetto, non ho idea di cosa possa provare una giraffa col prurito agli zoccoli; in verità, in assenza di terminazioni nervose, dubito che gli zoccoli di qualsiasi animale possano prudere, ma è il concetto che conta.
Mi chiamo Jack e questa notte qualcuno, o qualcosa si è fregato il mio sogno. IL MIO SOGNO, porca troia! E ovviamente quand'è che lo scopro? Mentre sono in bagno, seduto sul water. Come rovinarsi la giornata. Reduce da una delle dormite migliori degli ultimi giorni e al risveglio zac! non c'è più. No non c'è più il sogno, quello è ovvio; non c'è più il suo ricordo. E come se potesse esserci di peggio, mi rovina anche stare al cesso. Come lo so? Ho un unico dettaglio ancora integro nel mio cervello, una frase detta da qualcuno di cui non ho presente la faccia. Dice: "Non dimenticarti, eh?". Cazzo! E dire che di solito le mie sinapsi funzionano bene per queste cose. Cosa? Come faccio a sapere che è importante? Non lo so, lo sento. E' il prurito di cui parlavo, quella cosa che dovrei raggiungere e che non riesco neppure a vedere.
Mi alzo dal water del tutto smonato. Fuori è bello, c'è il sole; gli operai del cantiere hanno già iniziato a lavorare. Di sicuro loro non perdono tempo con queste cazzate da psicopatici come ricordare i loro sogni... gente fortunata, gli operai.
Guardo lo specchio e vedo un essere raccapricciante che mi scruta; barba scura, incolta, occhiaie spaventose circondano un paio di occhi scuri, espressione allucinata, capelli arruffati... secondo me gli puzza pure l'alito. In effetti, è così perché quel coglione allo specchio sono io: Jack, 30 anni, lavoro part-time in una piccola società di pubblicitari; ragazzo di Emma, fidanzata storica dei tempi del liceo. Sì, c'è tutto. Mi sento l'alito: cavolo! Ci stenderei un muflone. Ok, niente autocommiserazione, Jack! E' una giornata di merda, hai perso il tuo sogno e hai l'aspetto di uno che neppure un clochard vorrebbe vicino. Forse è il caso di darsi una ripulita. Mi sfrego la faccia sotto l'acqua gelida e intanto cerco di ricordare altro. Chissà, magari riesco ad afferrare qualche dettaglio significativo. In effetti c'è: è la sensazione che quel qualcuno mi abbia parlato di qualcosa di importante che riguarda me. Bah! Altro vicolo cieco. Mi asciugo il viso, afferro il rasoio, la schiuma e intanto che mi faccio la barba, continuo a pensare. Sono sicuro che nel sogno parlava una donna; fosse stato un uomo, sicuramente me lo ricorderei. Ecco l'altro indizio: è sicuramente una donna, perché di solito quello che mi dicono le donne mi entra da un orecchio e mi esce dall'altro; da mia madre alla mia ragazza. Non lo faccio apposta, non sono un bastardo maschilista, cioè non proprio, è solo che proprio non riesco a ricordare quello che dicono: parlano COSI' TANTO! Ma allora perché sembra essere importante?
Guardo l'ora: le 9:30 del mattino. Qualcosa di importate da ricordare... qualcosa di importante... sì, ma cosa, Cristo santo?! E mi taglio anche la guancia. Oggi non è proprio giornata. Finisco di sistemarmi ed esco dal bagno. Mangiare, ecco quel che ci vuole! A stomaco pieno si ricorda meglio.
Schivo la scia di vestiti seminati nel corridoio: le scarpe, i calzini, i pantaloni, il reggiseno... il reggiseno? No, fermate il mondo: il reggiseno?! E di pizzo viola, per giunta! L'ho sempre detto che ho buon gusto! Sogghigno per due nanosecondi, ma la fronte mi si corruga, mentre lo sollevo da terra, afferrandolo per la spallina. E' una terza. Che cazzo ci fa un reggiseno di pizzo viola nel corridoio di casa mia, alle 9:30 del mattino? Emma odia il viola. Qualcosa mi dice che mi sono messo nei guai. Rimetto a terra il reggiseno e, invece di controllare il posto più ovvio dove avrei avuto certezza di una risposta, me ne vado in cucina. Anche lì è un disastro. Bottiglie vuote e bicchieri sporchi campeggiano un po' ovunque. L'odore che aleggia nell'appartamento è qualcosa di improponibile. Spalanco le finestre e mi dirigo verso il frigo. Un reggiseno viola... non ho l'abitudine di comprare certe cose senza che ci sia uno scopo preciso. O forse sì? Jack? Jack?! Jack! Cazzo, muovi il cervello! Anche un cretino ci arriverebbe: se quel reggiseno non è di Emma - e su questo siamo certi - e si trova comunque nel corridoio di casa tua, c'è un'unica risposta. Ecco, adesso sì che sto molto meglio. Decido molto opportunamente di rimandare la colazione e schizzo in camera da letto. La risposta si sta svegliando proprio in quel momento, rivoltandosi tra le lenzuola. Bionda - tinta - apparentemente longilinea, la guardo in faccia: sembra un panda. Il trucco le è colato sul viso e, ne sono sicuro, avrà lasciato anche la "sacra" sindone sul cuscino, ma quello è il minore dei miei problemi.
"Scusa, chi sei?"
Il panda mi guarda con l'aria di chi ha seminato le proprie sinapsi sul cuscino, insieme al trucco.
"Chi sei?" ripeto con una certa ansia. In effetti, per quanto tenti di sforzarmi, non riesco a collocare quel viso tra le mie conoscenze.
"Sandra" farfuglia quella, ricapitolando sul cuscino. Lo sbaffo di trucco si accentua; così sembra un Pierrot visto con gli occhi di Picasso.
Prendo un respiro profondo e cerco di tenere a bada un curioso senso di stringimento alla bocca dello stomaco; ed io sarei quello con il buon gusto?! Ma andiamo! Quella davanti a me è la versione horror di Roger Taylor nel video di "I want to break free", il che è tutto dire. Cosa cazzo ho combinato ieri sera? Come ho fatto a finire a letto con quella... cosa?! Ah, ci sono, devo aver parlato con il suo reggiseno prima di scoparmela. Comunque, recriminare adesso non ha molto senso. Devo trovare il modo di sbatterla fuori.
Improvvisamente, l'idea del mio sogno rubato e della cosa importante che avrei dovuto sapere si avvicinano. Non è ancora chiaro, ma sento che tra poco avrò riacchiappato quel che il mio cervello subdolamente tenta di dimenticare.
"Senti, panda... ehm, volevo dire... Sandra... so che ti sembrerò un po' uno stronzo, visto quel che abbiamo fatto 'sta notte, ma non ho tempo per essere più poetico... non è che potresti levare i tacchi e sgommare?"
Panda apre un occhio e mi fissa - Dio! Picasso sì, ma con la diarrea! - "Eh?"
"Ti sto chiedendo di andartene." Mi spiace essere così cafone, ma in fondo, chi la conosce questa? A quanto pare, da me ha già avuto la sua fetta di beneficenza, adesso il minimo che può fare è togliersi dalle palle.
"Uff! Non voglio!" sbotta lei, che per sottolineare la risposta si gira dall'altra parte.
"Me ne fotto di quello che vuoi. Questa è casa mia, questo è il mio letto. Adesso ti alzi e smammi. Ti do dieci minuti, capito?" Un vero gentleman.
Ultimatum partito, lascio il mostriciattolo e me ne torno in cucina a cercare di dare una parvenza di ordine. Nella mia testa sento avvicinarsi il chiarimento come un treno in procinto di deragliare. E' lì, tra poco avrò l'illuminazione. Cerco invano di afferrare metaforicamente il toro per le corna, ma ancora mi sfugge, il maledetto!
Guardo l'orologio da cucina: le 9:43.
Sento la porta del bagno chiudersi. Panda deve aver realizzato quel che le ho detto, finalmente. Mi sento un po' meno in ansia, ma il sentimento successivo è molto disgustosamente simile al senso di colpa. Non tanto perché io sia uno di quei sciocchi perbenisti che pensano che l'amore vero è monogamo. Tsè! No, figuriamoci. Sono colpevole, sì, ma è che... cazzo, proprio con quella?! Com'è che lo chiamano? Pussy-power? Sarà, ma ancora non riesco a capacitarmi di essermi sbattuto un rospo.
Pochi minuti e Sandra esce dal bagno. Questa volta è vestita e si è perfino rifatta un po' il trucco; bè, adesso che la vedo, capisco che sono stato ingiusto. Non è poi così cessa. Con un paio di bicchieri in più, capisco che il mio senso estetico venga annebbiato, ma non sono poi caduto così in basso. Probabilmente deve avermi attratto il suo sedere. Proprio un bel posteriore, devo ammetterlo.
"Ehm, senti... mi spiace di essere stato così brusco prima." cerco di rimediare alla stronzaggine, ma è un tentativo pietoso.
Sandra solleva un sopracciglio; meglio se sto zitto, sì.
"Non si può certo dire che sei un cavaliere, ma di certo a letto sei peggio." commenta lei, con aria competente. Ecco, questa sì che si chiama stecca. E bella forte, anche. Del resto, vero o meno, non posso darle torto se è un po' incazzata. Incasso e me ne resto in silenzio.
"Comunque, adesso me ne vado. Sbrigati a mettere in ordine, o la tua ragazza si mangerà la foglia."
Ancora intento a riprendermi dalla tuonata sui denti, balbetto un "Cosa hai detto?"
Sandra tira su col naso e mi indica l'orologio. "Ieri sera hai ripetuto una mezza dozzina di volte che la tua ragazza sarebbe tornata oggi, che doveva essere qui alle 10:00"
Ecco, il treno è arrivato. Improvvisamente capisco che il sogno non era un sogno. Emma sarebbe tornata a casa, la nostra casa, quel mattino stesso; anzi, nel giro di un quarto d'ora, visto che arrivava col treno - quello vero - e quello mai che fosse in ritardo una volta tanto.
Inghiotto a vuoto. La casa è un cesso, Sandra è ancora qui davanti a me. Cosa cazzo mi sarei inventato per giustificarmi? Un party dell'ultima ora?
Panico.
Afferro Sandra per un gomito e la invito non troppo garbatamente a togliersi dai piedi in via definitiva.
La porta d'ingresso si apre quasi per magia, neanche ci fosse un contatto telepatico tra me e lei. Sandra borbotta un qualcosa che suona come un "Pezzo di stronzo!" e... stupore! Davanti a noi - a proposito, Sandra ha il suo reggiseno viola in mano - si materializza Emma. Anche il suo sguardo si fissa sul reggiseno, ma temo dalla sua espressione che lo voglia usare attorno al mio collo. O a quello di Sandra. Cerco invano di articolare qualche parola di scusa, qualcosa tipo "Non è come pensi!", ma dalle mie labbra non esce verbo. In compenso però si accende la mia lampadina cerebrale.
Nel mio sogno che non era un sogno, Emma, o meglio, la sua voce registrata dalla segreteria telefonica mi diceva "Tesoro, io torno domani col treno. Sarò a casa per le dieci. Non lasciare le chiavi infilate nella toppa, altrimenti non posso entrare. Mi raccomando, non dimenticarti!". Ecco, adesso tutto quadra, tutto mi ritorna alla mente. Peccato che sia avvenuto con mezz'ora di ritardo.
Sono esattamente le dieci.

La certezza del mattino

La strada per Combes-la-Ville era larga, assolata e polverosa. Naturale che lo fosse; era il 1873 e le strade francesi di campagna non avevano molto a che vedere con i marciapiedi lastricati che si potevano trovare à Paris. Si poteva quasi dire che nulla fosse cambiato da secoli a questa parte: alberi a sinistra, un fossato e un muro di cinta a destra, il villaggio appena visibile in lontananza, un paio di vetture e qualche anima laboriosa intenta al lavoro dei campi. Oltre alle infinite distese di pascoli e a un silenzio interrotto solo dallo scalpiccio dei cavalli e dal cinguettio degli uccelli, chiaramente. Insomma, niente a che vedere con la sua Paris, dove tutto era luce, sregolatezza, caos e divertimento, dove perfino osservare una giovane donna che attraversava la strada costituiva una fonte d'ispirazione* - chissà chi era, chissà cosa sarebbe diventata non appena le luci abbaglianti del giorno avessero lasciato spazio a quelle più soffuse e complici della notte. La strada per Combes-la-Ville non si distingueva in nulla, tranne forse per quella luce, per quel cielo e per quelle nubi che lì, proprio in quel momento, lo facevano fremere di tensione emotiva. Una cosa difficile da spiegare a chi non era del mestiere, a chi non avrebbe prestato altro che un fuggevole sguardo. Quel desiderio quasi incontenibile lo afferrava, lo trascinava nel suo gorgo, lo esortava a prendere in mano pennelli e colori. Era un'esigenza: imporre alla gente la sua visione del mondo. Era la necessità di catturare l'attimo, come la resina cattura l'insetto. Ma non era solo quello, no. C'era molto di più; c'era il desiderio - il delirio - di voler far proprio un qualcosa che non appartiene a nessuno. Rivelare al pubblico qualcosa che ancora non ha colto. Un concetto simile, come spiegarlo a chi non lo avvertiva vibrare dentro di sé? Il solo confessarlo con parole più semplici a orecchi profani sarebbe parso blasfemo. Eppure, aveva osservato spesso gli artisti di strada e soprattutto i passanti incuriositi. Aveva scrutato quei volti, quelle espressioni di genuina curiosità, aveva ascoltato le parole d'incoraggiamento che rivolgevano al disegnatore di turno e aveva intuito che forse - forse! - anche la gente semplice era sensibile a quelle cose, solo che le mancava il genio artistico necessario a esprimerle. Era come se l'artista possedesse la chiave per entrare nei cuori della gente, per parlare con quella parte così intima che altrimenti sarebbe rimasta silenziosa. Ovviamente, non era un assoluto. Il dono del parlare con un linguaggio universale non era per tutti; alcuni restavano solo volgari imbrattatori, pallidi imitatori di una realtà muta, nient'affatto ricca di significati. Lui si era spesso domandato a quale gruppo appartenesse, perché nonostante la sua fama, a volte si sentiva piccolo e meschino davanti all'incalzante dialogo del mondo; sentiva difficile riprodurre davvero con sincerità quello che la sua anima carpiva così facilmente. Forse allora non era poi così facile capire... era un artista? O piuttosto un volgare riproduttore? Tante domande, nessuna risposta concreta. Neppure parlare con i suoi amici - quelli che di arte ne capivano davvero - gli bastava. La ricerca della sua identità era una strada in salita, ma intendeva percorrerla fino in fondo. Almeno non si avrebbe potuto dire che era un codardo.
Dispose il cavalletto, la tela e tutto il necessario. Normalmente, per cogliere l'attimo avrebbe usato carta e matita; avrebbe fatto qualche schizzo, magari uno studio e più tardi il quadro vero e proprio. Ma in quel momento, lo sentiva, non era necessario. I particolari di quella vista erano tutti impressi nella sua mente. La cosa più importante di quel dipinto, infatti, avrebbe dovuto essere la luce, il gioco di luci, di colori, il movimento brioso delle nuvole, il fermento della strada. Non erano poi così importanti la posizione degli alberi, dei campi, quanto l'intensità di ciò che accadeva sopra di essi e sulla strada. Era lì che tutto si svolgeva; era quello ciò che voleva cogliere. Il turbinare delle nubi nel cielo e della polvere sollevata dal transito delle carrozze. Tutto il resto era pura cornice. Il movimento e la luce intensa del mattino. Sì, pensò, il primo tratto avrebbe dovuto essere ocra.
* riferimento al dipinto di Boldini "Attraversando la strada" (1873-75), olio su tela
La grande strada a Combes-la-Ville
La grande strada a Combes-la-Ville (1873), olio su tela
Non so, forse avrei dovuto iniziare questa specie di racconto breve con un'introduzione, ma mi pareva di togliere qualcosa alla sua spontaneità, di renderlo eccessivamente pomposo. Quanto ho scritto è il frutto di una mia impressione sulla veduta di Boldini (1842-1931), intitolata appunto "La grande strada a Combes-la-Ville". Purtroppo, come sempre accade, vederla qui non rende nettamente l'impressione di vitalità che invece suscita il vedere l'opera dal vivo. Un po' come con i concerti, succede anche con i quadri. Ricordo che averla sotto i miei occhi aveva suscitato in me la netta sensazione di poter quasi cogliere il pensiero di chi l'aveva dipinta ormai più di cent'anni prima. Naturalmente, non mi illudo di essere stata corretta nell'interpretare quel pensiero, ma forse non ha molta importanza. Diciamo che si tratta di una libera interpretazione di ciò che l'artista avrebbe potuto pensare, unita ad una sorta di irragionevole certezza: che quel quadro fosse stato dipinto nelle prime ore di un mattino quasi estivo, quando la luce del sole è forte, calda e avvolgente. Da questo deriva anche il titolo del racconto. Questione di presunzione?